Dopo il tweet di Alessandro Gassmann, nel quale chiedeva se denunciare o meno i suoi vicini che durante un party violavano il coprifuoco, l’attore è stato tempestato di insulti e minacce di morte
Ormai si sa: i social sono popolati da eroi virtuali con l’armatura arrugginita, pronti al pentimento, e di eroine sbraitanti con la cucchiara di legno in una mano e il telefono nell’altra. Però c’è anche il maître de vie, che con paragoni privi di logica e consigli di ogni genere addolcisce i thread con falsa modestia. Di queste tipologie di utenti ne sa qualcosa Alessandro Gassmann, che dopo aver twittato delle banali domande retoriche è stato additato come spia. A dire il vero in molti commenti lo hanno apostrofato come «infame», «delatore», «servo dei poteri» e se non fossimo in orario protetto potremo scrivere tutti gli insulti che l’attore ha ricevuto; ma li potete sicuramente immaginare.
Il tweet dello scandalo: “Gassmann sei una spia”

Il tweet incriminato — secondo il “Tribunale dell’Esaltazione Online” — riguarda delle semplici domande in cui Gassmann pone ai suoi follewer, chiedendo come agire riguardo dei vicini di casa che, violando il coprifuoco, stanno facendo una festa contravvenendo al provvedimento del Governo riguardo il Covid. Dopo pochi minuti uno tsunami di insulti riempie la bacheca Twitter dell’attore, etichettandolo con epiteti degni di un manipolo di narcos ubriachi. Persino Enrico Ruggeri non si risparmia in un commento dal sapore violaceo, del genere: “Non sono razzista, ma…”. Così per addolcire la pillola prima si complimenta con Gassmann per la professionalità, poi lo castiga mettendolo alla stregua di una spia della Stasi (Ministerium für Staatssicherheit, ovvero i servizi segreti dell’ex Germania dell’Est).
Grande attore e regista… con un po’ di nostalgia per i tempi andati della Germania Est…
La risposta di Enrico Ruggeri, su Twitter
I commenti

Benché Gassmann nello stesso tweet ha dichiarato di «non aver fatto nulla» in merito alla denuncia, ormai il popolo del disagio aveva trovato la sua preda ideale su cui sfogare le proprie frustrazioni. Perché smettere? Il paragone con la delazione verso gli ebrei è quello che è andato per la maggiore (vedi tweet), con la differenza che una volta chi li denunciava lo faceva per condannarli a morte, non diffondevano alcun virus letale e no: non facevano feste. Purtroppo Alessandro Gassmann non è nuovo a questi attacchi. A novembre avevamo scritto delle minacce ricevute su Twitter, sempre riguardo le sue posizioni contro i no vax. Anche in quel caso gli insulti e l’accostamento con gli ebrei era stato l’argomento principale.
«Sei una spia», semplificazione meschina
Scrivere frasi come “fatti i cazzi tuoi”, “infame”, “ma di che ti impicci” — commenti scritti nel tweet in questione —, è pura omertà. Le cose vanno chiamate con il loro nome. Non basta il «vivi e lascia vivere» per essere corretti con il prossimo, poi criticare con supponenza chi in terra di mafia non scuce i nomi e paga il pizzo. Troppo facile appendere la foto di Falcone e Borsellino per sentirsi dalla parte dei giusti. Farsi gli affari propri non vuol dire diventare complici di reati, ma denunciare in qualsiasi modo chi mette a rischio la salute altrui.
Invece no. Secondo la logica di chi guarda il mondo dall’oblo della lavatrice, per non passare da infami non dovremo denunciare il vicino di casa che picchia a sangue la moglie, chi da ubriaco si mette al volante diventando una minaccia altrui, oppure chi abbandona un cane o più semplicemente fuma dove non si deve. Il dover sempre consigliare agli altri di farsi i cazzi propri è la paura delle conseguenze. Sono proprio quelli che hanno il timore di pestare sempre il piede sbagliato che giudicano aspramente chi invece vuole denunciare un abuso.
In questo modo si cerca a tutti i costi di far diventare spia chi segnala comportamenti sbagliati o chi, come in questo caso, se ne strafotte di un provvedimento governativo mettendo a repentaglio l’altrui incolumità. Senza prepotenza e senza fare nomi è bastato un tweet per far capire alla persona interessata che stava sbagliando, in questo periodo di covid.