Ius primae noctis, verità o leggenda?

I nobili del medioevo applicavano veramente la pratica dello ius primae noctis con la consorte dei loro sudditi, la prima notte di nozze? Realtà o leggenda?

Quella pratica detestabile

ius primae noctis
Disegno del XV secolo

Chi di noi non ha mai pensato quanto fosse ingiusta la tirannia medioevale e i suoi soprusi? Storie audaci, leggendarie ma spesso crudeli per la prima notte di nozze. Una commistione di stoicismo e amore, giustizia e vendetta. Una tra tutte era la pratica dello ius primae noctis: una consuetudine infame voluta da un dispotico signorotto ai danni di vergini appena maritate.

Immaginatevi una coppia di giovani popolani, la prima notte del loro matrimonio, dover sottostare a questo sopruso lasciando che il ricco possidente si sostituisse al ruolo del marito. Un’onta disonorevole, un sopruso a cui chiunque avrebbe voluto mettere fine in un modo o nell’altro, proprio come nel film Braveheart. Uomini e donne, a secondo dei luoghi e delle leggende, hanno osteggiato questa turpe pratica lasciando che il nobile sentimento dell’equità trionfasse facendo nascere eroi ed eroine.

Cosa c’è di vero?

Nulla, poiché non esistono fonti che ne dimostrino la reale pratica. Nei volumi dei monaci medievali, ad esempio ― attenti cronisti dell’epoca ― non si legge niente riconducibile alla prima notte di nozze con un nobile. Neppure una parola. Non ne fanno menzione nemmeno le novelle. Eppure di storie di sesso in quei racconti se ne scrivevano parecchie e in modo realistico, narrando situazioni accadute con estrema libertà di linguaggio.

Non c’è un solo verso riconducibile a quell’assurda tassa. Neppure sugli innumerevoli scritti degli obblighi dei contadini nei confronti dei loro signori non viene mai citato lo ius primae noctis. Contrariamente a come crediamo i braccianti non erano inermi difronte al signorotto, ma in svariate occasioni ― quando le tasse erano alte o insensate ―, lo misero addirittura in fuga e in altre lo uccisero.

La mugnaia di Ivrea e lo ius primae noctis

Figurarsi per una figlia o una moglie che cosa avrebbero fatto i padri o i novelli mariti. In buona sostanza, lo ius primae noctis è una leggenda. A differenza di tutte le altre leggende, questa incarna uno spirito di rivolta e di rettitudine. Sono molte le città che fondano le proprie tradizioni su questa “tassa”. Una in particolare è Ivrea, con il mito della Mugnaia, la quale grazie al coraggio di Violetta che mozzò il capo al marchese Guglielmo VII del Monferrato, liberò la città da quest’ignobile pratica.

Ne conseguì una rivolta popolare che mise fine alla tirannia. Una storia meravigliosa, ricca di audacia, in cui è bello immedesimarsi per celebrare un folklore locale ricco di tradizioni. Tuttavia se pensiamo che il nome Violetta nel medioevo non esisteva nemmeno, ma diventa di moda nell’Ottocento, con la Traviata di Verdi, abbiamo un chiaro esempio di come spesso le storie vengano adattate con l’andare del tempo.

Come nasce la leggenda

Una tra le ipotesi più accreditate tra gli storici è l’espressione francese “droit du seigneur“, ovvero il “diritto del signore”. A quel diritto tuttavia facevano parte innumerevoli obblighi verso il signore del feudo, come la riscossione dei tributi, i proventi della caccia e il raccolto. Quasi tutti gli studiosi di antropologia sono concordi nel credere che l’origine di questa credenza risalga al 1500, considerandola una degenerazione di un rituale arcaico.

In quell’epoca la verginità era un tabù talmente forte che poteva essere dissuaso solo da personaggi potenti come un re o un mistico; ogni altro uomo, soprattutto persone di umili origini come mezzadri o fittavoli ne sarebbero stati vittima. Anche se la pratica dello ius primae noctis non è mai esistita, in alcuni giorni dell’anno ci possiamo anche credere; in fin dei conti che male fa?

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