Molti sono perplessi dell’app Immuni, preoccupati che questa ci tracci, quando poi forniscono dati sensibili in una propaganda politica
Sono mesi particolari quelli in cui viviamo, nostro malgrado, in questo 2020. Molte sono le polemiche e gli infiniti dibattiti quotidiani che spaziano negli ambiti più svariati. Senza esclusione di colpi, dalla politica alla scienza. Un connubio spesso difficile da districare, in quanto falsato da molti fattori in cui la mala informazione, sempre armata di fake news studiate scientemente a tavolino, gioca un ruolo da protagonista. Ne è un esempio la propaganda che ti traccia.
Art di Yuri Cordero
L’App Immuni e la privacy
È di questi tempi recentissimi la discussione pubblica, riguardante la presunta tracciabilità dell’App Immuni. Intesa come violazione della sfera personale dell’individuo che va oltre la sua funzione. Come ci racconta la cronaca, è stata chiamata in causa come strumento per violare la privacy dei cittadini da alcuni ambienti politici.
Oltre ad essere già stata ampiamente smentita dallo stesso Garante della Privacy, questa strumentalizzazione che vedeva anche il paradossale e risibile tentativo di far passare questa pratica come una vendita di dati al Governo cinese, rende assurdo il fatto che a propagandare queste fantasiose illazioni — prive di qualsiasi fondamento — siano proprio coloro che con la propria macchina della propaganda informatica ne fanno un utilizzo storico e continuo di questi strumenti. Salvo fatta eccezione per rari casi, circa 4.000 persone, che potrebbero essere effettivamente tenute sotto “osservazione” da Beijing.
Morisi e la sua creatura non sono di certo un mistero. Contrariamente a quanto sbandierato. I sistemi tecnologici di tracciamento per contrastare preventivamente i contagi, le famose applicazioni da installare sui propri dispositivi, sono in uso da mesi in tutto il mondo. Utilizzate in tutta tranquillità dalle rispettive popolazioni che ne fanno uso. Alcune vengono elencate qui.

I precedenti e l’attualità
I protagonisti della propaganda che ti traccia non sono nuovi a questo modus operandi. La scuola sovranista di Bannon è avvezza a queste pratiche. Sono state utilizzate per anni da uno dei suoi mentori più noti fin dai tempi dello scandalo di Cambridge Analytica. A oggi il copione è praticamente il medesimo. Anzi, contrariamente al passato, si palesano alla luce del sole. Non si ha più nemmeno la decenza di operare dietro le quinte in maniera più raffinata e discreta. Anche se subdola.
Un esempio può essere un concorso in cui “vinci” l’incontro con il leader del partito per bere un caffè e darsi un «buongiornissimo». Ne seguono annessi selfie di rito, nel quale per aderirvi devi fornire i tuoi dati sensibili. Alla faccia di qualunque tutela della privacy, poiché questa propaganda ti traccia. Non paghi della contraddizione intrinseca di questa pratica — rispetto ad altre la cui funzione è esclusivamente della tutela della propria salute e di quella pubblica — questo strumento viene in queste ore diffuso sui social. Lo scopo di questi soggetti è di interferire con il normale decorso delle vicende giudiziarie che li coinvolgono sul piano personale.
Queste, diversamente, dovrebbero sempre connotarsi di totale imparzialità e non essere intaccate in alcun modo nel loro giudizio. Un altro esempio di questi giorni riguarda l’iniziativa “SOS Scuola”, lanciata su Whatsapp. I dati sensibili degli utenti vengono in questo modo raccolti, incluso il proprio numero telefonico. Non è ben chiaro come verranno utilizzati.
Il richiamo al popolo sovrano
Quello in atto è un metodo efficace per cogliere due piccioni con una fava. Da un lato sondare in maniera dettagliata e minuziosa il proprio target elettorale, carpendone i gusti e gli umori per agire di conseguenza, impostando su questo la propaganda da dargli in pasto. Dall’altra parte si assiste a un pericoloso e, ahinoi, tutt’altro che inedito tentativo di schierare l’opinione di quella stessa parte della popolazione in maniera strumentale su fatti giuridici personali. Come se la giustizia, le leggi, i processi e la magistratura operassero nelle proprie funzioni in una pubblica piazza per esercitare e perseguire il fine ultimo di questo apparato istituzionale: verità e giustizia.
Un triste epilogo
In tutto questo teatrino la propaganda che traccia i propri sostenitori, quasi sempre inconsapevoli, rischia solo di ritorcersi contro gli stessi. Ignari di ciò che quel database rappresenti. L’utilizzo che potrebbero fare dei dati non è chiaro. Le finalità, come spesso avviene anche in altri ambiti in cui pericolosamente e inconsciamente vengono forniti i propri dati, sollevano dei dubbi legittimi. Le ipotesi spaziano dai meri fini commerciali a ben altri più oscuri e poco trasparenti. Un database con milioni di individui inseriti ha un valore enorme, non solo in termini economici. Bisognerebbe porre sempre la massima attenzione nell’aderire a queste insidiose iniziative.