Curioso esperimento diffuso su Fb. Secondo l’autore del video i test Covid non sarebbero affidabili perché risulterebbero positivi anche il kiwi e la papaya. Grande clamore tra negazionisti, riduzionisti e dubbiosi.
Gira in questi giorni su Fb un video nel quale viene mostrato, da un signore che nella vita si occupa di circuiti elettronici per l’industria automobilistica — quindi non un medico o un tecnico di laboratorio, bensì un elettrauto esperto in centraline —, un esperimento per valutare l’affidabilità dei tamponi sierologici qualitativi. In poche parole per l’elettrauto risulterebbero positivi al suo test Covid alcuni alimenti, tra cui un kiwi, un pomodoro e una papaya.
Dove inizia la bufala del test Covid su kiwi e papaya?
Questo esperimento sembra essere stato ispirato, per stessa ammissione dell’autore, da una vicenda che lo scorso maggio fece molto clamore. Nella vicenda il Presidente della Tanzania, mr John Magufuli, denunciò all’opinione pubblica di aver ricevuto test per il Covid-19 difettosi. Lasciò chiaramente intendere che la questione poteva essere inquadrata in un vero e proprio tentativo di sabotaggio. Dichiarazioni smentite con fermezza sia dall’OMS, che da John Nkengasong, direttore dei Centri africani per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc).
Per Magufuli, pare che tali test “difettosi” restituissero risultati di positività al Coronavirus su campioni ottenuti da capre, conigli, olio per motori, papaya e molto altro. Sempre secondo il presidente tanzaniano, tali esperimenti furono condotti in totale segretezza. Addirittura tenendo all’oscuro gli stessi tecnici del laboratorio dove si erano processati i campioni a cui, per sviare ogni sospetto, erano stati attribuiti nomi di pazienti fasulli.

Per inquadrare bene la vicenda ricordiamo che il Presidente della Tanzania ha sempre manifestato diffidenza e ostilità verso l’OMS. Talmente contrario all’applicazione delle politiche di distanziamento sociale da non aver mai sconsigliato gli assembramenti, nemmeno nei luoghi di culto. Anzi, a tal proposito ha sostenuto che «il buon Dio avrebbe protetto dal Covid più di qualsiasi cura».
Magafuli: «trattiamo il Covid con l’artemisia»
Poco propenso a far trapelare i reali numeri dei contagi, Magufuli ha fatto parlare di sé anche per aver dichiarato di trattare il Covid — per lui ritenuta una forma influenzale lievemente più acuta — con cure alternative come l’Artemisia. Guarda caso, proprio il prodotto che importa direttamente dal Madagascar. Della diffusione del Covid-19 in Tanzania quindi si sa ben poco. I dati che circolano infatti sono fermi allo scorso maggio.
A quanto pare fare pochi tamponi, con la totale assenza di una politica di tracciamento unita alla preghiera e all’uso di Artemisia, ha dato spunti di riflessione a molti negazionisti. Questi ultimi adesso additano Paesi come la Tanzania come esempio di buona gestione della pandemia. Purtroppo però la pandemia procede più spedita anche, e soprattutto, dove la disinformazione e l’ignoranza predominano su tutto.
Come si sta diffondendo la bufala in Italia
Ma torniamo a casa nostra e al nostro scienziato-elettrauto. Anche lui, come Magafuli, ha deciso di rendere l’esperimento di dominio pubblico. Così per girare il video si è organizzato come si deve. Riprendendo con una lunga e noiosa lentezza — fatta di tempi morti e pochi sporadici commenti — scarta la scatola appena ricevuta contenente i test confezionati singolarmente. Infine procede “con fare professionale”.

Ma invece che la classica gocciolina di sangue ottenuta col pungidito, l’esperto centralinista sottopone ai tamponi Covid vari prodotti alimentari come un kiwi, un pomodoro e una papaya. Per esaltare l’esperimento prova anche con la vitamina C in gel, succhi di frutta, gel di Aloe Vera e altri alimenti. Tutto ciò per dimostrare l’inaffidabilità dei test i quali non solo darebbero esito positivo anche in assenza di infezione, ma addirittura in assenza di un vero campione ematico umano.
Il risultato del test Covid sul kiwi e la papaya
Al termine dell’esperimento viene dato il risultato: su 15 test, 2 positivi, 1 illeggibile e 12 negativi. L’esperto in centraline per auto conclude finalmente l’esperimento e procede a ruota libera, con le sue “riflessioni scientifiche”. Spiega che l’utilizzo dei test, data la loro inaffidabilità diagnostica, conduce a dei risultati falsati con una percentuale di falsi positivi del 15%. In poche parole dice che a causa di questi test stiamo mandando in rovina l’intera società, visto che questo metodo è usato a livello globale per verificare il contagio del virus. Quindi a causa di questo “metodo errato”, interi nuclei familiari assolutamente sani vengono messi in quarantena.
Per ciò che abbiamo potuto appurare, il signore in questione non risulta avere lauree in ambito biochimico, medico, o in qualche modo legato alle tecniche di laboratorio utili a chiarire lo scopo e le funzionalità di un test rapido sierologico. Inoltre, facendo una breve ricerca, appare evidente che la sua sia una preparazione di tipo tecnico. Del tutto funzionale all’attività professionale del quale è titolare, cioè una ditta che si occupa di centraline elettroniche per il settore automobilistico.
Ma che esperimento ha svolto?
Notiamo subito che nell’esperimento non si avvale dei consueti tamponi nasofaringei, bensì del test sierologico qualitativo rapido o Immunologico. Un tipo di tamponi meno affidabili. Questi tipi di test sono tanto più affidabili quanti più giorni passano dall’incontro col virus. Secondo una recente ricerca ci sono notevoli variazioni nell’accuratezza dei test sierologici disponibili in commercio, la cui sensibilità va dal 60,9% all’87,3%.
Ciò che è certo è che al contrario di quanto l’esperto in centraline afferma, questo test non viene utilizzato dal Sistema Sanitario per individuare positivi da mettere in isolamento forzato. Bensì è volto a misurare la presenza degli anticorpi che il sistema immunitario produce in risposta ad una infezione recente o passata del virus Sars-CoV-2. Un’indagine di questo tipo non serve a diagnosticare la positività del paziente, dal momento che le immunoglobuline compaiono con un ritardo di qualche giorno rispetto all’esordio dei sintomi e rimangono nell’organismo del paziente anche dopo che l’infezione è stata superata.
Questi test sono invece più utili per capire lo stato di diffusione del virus in specifici gruppi a rischio. Oppure per valutare lo stato di immunizzazione della popolazione in previsione della riapertura delle attività lavorative e sociali. Il soggetto che vi si sarà sottoposto verrà comunque invitato ad effettuare un tampone molecolare esclusivamente nel caso il test rilevi presenza di anticorpi recenti. Solo così potrà essere stabilita una eventuale positività che implicherà quindi l’isolamento del malato.
Un’idea per nulla originale, solo mala informazione
A questo punto è chiaro che sottoporre al test rapido covid un kiwi o una papaya è un’idea scarsamente scaltra. Esattamente come fare un test rapido di gravidanza a un branzino. Inopportuno come sottoporre a un elettrocardiogramma il motore della nostra auto. L’idea dell’elettrauto, di denunciare al mondo la truffa dei tamponi che falsano i risultati, non è certo originale. Come sappiamo molti negazionisti Covid e riduzionisti svelano ogni giorno al mondo, dai loro profili e pagine social, truffe e raggiri ai danni dei poveri cittadini vittime della «dittatura sanitaria».

Peccato che prima di farlo non consultino mai un esperto, come ad esempio un medico o un tecnico di laboratorio, il quale spieghi loro le enormi stupidaggini che scrivono e che diffondono. Questa mala informazione purtroppo si propaga a una velocità superiore di quanto ci impieghino le notizie fondate e verificate diffuse da organi seri e attendibili.
Un esempio eclatante è il Consigliere della Regione Lazio, Davide Barillari. Basta sbirciare sui suoi profili social per constatare che l’esperimento del test sulla frutta ha avuto un enorme eco tra le persone sensibili alla questione.