La bestia del Gévaudan, una leggenda di due secoli

Una misteriosa belva feroce terrorizzò le campagne francesi nel XVIII secolo. C’è qualcosa di vero nei racconti, oppure la bestia del Gévaudan è solo una leggenda popolare?

Vent’anni fa, nel 2001, nelle sale cinematografiche uscì il film francese Il Patto dei Lupi, diretto dal regista Christophe Gans. La pellicola, ambientata nel XVIII secolo, racconta di una misteriosa belva famelica che devasta la regione francese del Gévaudan, sbranando tutte le persone che incontra. La storia non è stata scritta da uno sceneggiatore fantasy o da uno scrittore romantico, bensì narra quello che nella seconda metà del Settecento passò alla storia come la bestia del Gévaudan. Non vogliamo spoilerare il film, per chi non lo avesse ancora visto, così diciamo solo che il tutto fece parte di… Tuttavia, per quanto romanzata, la vicenda si ispira a una storia realmente accaduta.

Un luogo remoto e poco popolato, ideale per una leggenda

Posizione geografica del Gévaudan
Posizione geografica del Gévaudan

Il Gévaudan, che oggi fa parte quasi interamente del dipartimento del Lozère, sino al 1780 fu una regione. Attualmente, visti i suoi trascorsi, è un territorio storico della Francia meridionale. All’epoca dei fatti, ovvero quelli della cosiddetta «bestia» del Gévaudan, il territorio era coperto in gran parte di foreste. Gli abitanti vivevano in piccoli villaggi, vivendo di agricoltura e pastorizia. Era normale, quindi, che i bambini e i ragazzi fossero adibiti a sorvegliare le greggi al pascolo durante il giorno e nessuno se ne dava pensiero.

A dare inizio ai racconti delle numerose vicende fu una mandriana, nel giugno del 1764, la quale tornò al suo villaggio sconvolta e con gli abiti a brandelli. La giovane disse di essere stata assalita da una «belva» che, a suo dire:

“Sembrava un lupo, ma non lo era”.

La ragazza, una volta calma, disse che furono i tori della mandria che custodiva a proteggere lei e le vacche, i quali spinti dall’istinto di difesa scacciarono la famelica belva. Così, dopo quel racconto, le persone terrorizzate iniziarono a chiamare quello strano animale: “la bestia del Gévaudan”.

La bestia del Gévaudan fa la sua prima vittima

Il 30 giugno la belva fece la prima vittima. A morire, orrendamente mutilata, fu Jeanne Boulet: una pastorella quattordicenne del villaggio di Hubacs. La ragazzina non rincasando dalla vicina foresta di Mercoire (dove si recò col gregge) allarmò i genitori, i quali spaventati sparsero voce in tutto il paese. Le ricerche iniziarono immediatamente, ma poco dopo i paesani trovarono la ragazzina senza vita, in un lago di sangue.

Benché gli attacchi dei lupi in quella regione non fossero rari, via via che i mesi passavano e le vittime aumentavano, la gente iniziò a cadere in un terrore superstizioso. Qualcuno iniziò a sostenere che non poteva trattarsi di una singola belva feroce. Altri invece dissero che visti i morsi, non poteva di certo essere un lupo comune. Ecco perché gli abitanti della regione di Gévaudan chiamarono il misterioso animale soltanto bestia. I pochi superstiti invece descrissero la creatura come:

“Un animale grande come un vitello, incredibilmente veloce, pronto ad attaccare anche persone adulte”

I lupi invece, secondo le credenze dell’epoca, avrebbero preferito sbranare bambini, pastorelli o giovani ragazze.

Iniziano le battute di caccia

incisione della Bestia
Un’incisione della “bestia”

Dopo quelle morti gli abitanti della zona si organizzarono in battute di caccia, ma non servirono a nulla. A questo punto, viste le richieste della popolazione, il conte di Montcan — governatore della provincia —, mise il reggimento Clermont-Prince di stanza nel vicino paese di Langogne, allo scopo di cacciare l’inafferrabile bestia. Il capitano Duhamel e le sue truppe batterono tutta la foresta, ma anche loro senza risultato.

A far sospettare che a causa di quelle battute la belva potesse aver abbandonato la zona, spostandosi a ovest, fu il ritrovamento di una ragazza decapitata nelle vicinanze del villaggio di Apcher, una settantina di chilometri da Langogne. Ma non solo. L’indomani del ritrovamento della giovane, due pastori furono aggrediti. Uno di loro però riuscì a salvarsi rifugiandosi tra le sue mucche. La fortuna dell’uomo fu che dei cacciatori che casualmente passarono di lì videro la strana belva aggirarsi attorno ai bovini. Prontamente i cacciatori spararono, colpendo l’animale, ma questo riuscì a fuggire nella vicina foresta. Nel gennaio del 1765, il conto delle vittime dilaniate dalla bestia del Gévaudan fu di alcune decine. Dopo alcune settimane, anche le ricerche da parte del reggimento Clermont-Prince furono sospese perché inutili.

I giornali scoprono la bestia

Le vicende nel frattempo superarono i confini della regione, diventando di dominio pubblico. I giornali dell’epoca si buttarono a pesce sulla notizia, pubblicando articoli che riempirono i lettori di raccapriccio, corredati da immagini che poco avevano a che fare con la realtà dei fatti.

Una fantasiosa rappresentazione della Bestia del Gévaudan
Una fantasiosa rappresentazione della Bestia del Gévaudan

Malgrado l’atmosfera di terrore che si venne a creare, bisognava continuare a portare le mandrie al pascolo. Così i pastorelli per evitare attacchi iniziarono a raggrupparsi, ma il 12 gennaio 1765 ben sette bambini del villaggio di Villaret — cinque maschi e due femmine, dagli otto ai tredici anni —, furono aggrediti dalla belva.

L’animale riuscì ad azzannare uno di loro al braccio per portarlo via, ma il tredicenne Jacques-André Portefaix riuscì a scacciare la bestia colpendola col suo bastone. Nel frattempo, attirati dalle grida dei pastorelli, arrivano alcuni uomini del villaggio facendo fuggire l’animale nel bosco. Il coraggio del piccolo Jacques fu segnalato al re Luigi XV, il quale gli diede un premio di 300 livres (quasi 3.000 euro). Il sovrano dispose inoltre che il ragazzo fosse istruito a spese dello Stato.

L’iniziativa di Luigi XV

Per fronteggiare tutte quelle morti, il re decise di inviare sul posto un celebre cacciatore normanno di nome Jean Vaumesle d’Enneval. Questo, a detta sua, aveva ucciso più di mille lupi, così il cacciatore arrivò a Gévaudan accompagnato dal figlio. Immediatamente l’uomo iniziò con le battute di caccia le quali, nemmeno a dirlo, non portarono ad alcun risultato. I due cacciatori si giustificarono dicendo che non conoscevano la zona impervia e boschiva, oltretutto dissero di avere delle difficoltà di comunicazione con gli abitanti del luogo i quali si esprimevano in lingua occitana e non in francese.

Visto che nemmeno i D’Enneval riuscirono a uccidere la bestia, nel mese di giugno Luigi XV incaricò François Antoine — suo archibugiere titolare —, di recarsi nella regione del Gévaudan. Visti i precedenti fallimenti, Antoine mantenne i piedi per terra. Dei battitori gli mostrarono le orme della belva, al che l’archibugiere disse che quelle orme erano quelle di un grosso lupo.

La pulzella del Gévaudan

Domenica 11 agosto, avvenne il caso probabilmente più famoso. La protagonista della vicenda fu Marie-Jeanne Vallet, una ragazza di vent’anni. Questa, passeggiando con alcune amiche, fu aggredita con le altre ragazze dalla bestia la quale all’improvviso uscì dal bosco e si avventò su di loro. La giovane, che aveva portato con sé una lancia, riuscì a conficcarla nel petto del mostruoso animale che, come nelle volte precedenti, riuscì a fuggire tra gli alberi.

La statua di Marie-Jeanne Vallet
La statua di Marie-Jeanne Vallet

L’archibugiere del re, François Antoine, venne informato della vicenda e immediatamente si recò sul posto. L’uomo con sorpresa vide la lancia coperta di sangue e che le orme ritrovate erano simili a quelle che gli furono mostrate in precedenza. Dopo quel gesto coraggioso, Marie-Jeanne venne soprannominata: “La Pulzella del Gévaudan”. Per onorare la virtù della ragazza, la cittadina di Auvers ha eretto una statua per rappresentare l’episodio.

La bestia del Gévaudan: un lupo da 130 libbre

Il 20 settembre finalmente l’archibugiere del re, François Antoine, riuscì a stanare l’animale in un bosco. L’uomo sparò, ma la belva si gettò su di lui. A quel punto il soldato Rinchard che lo accompagnava sparò anche lui, abbattendo finalmente la misteriosa belva feroce. Antoine stilò un rapporto, descrivendo la bestia come: “un grande lupo, dal peso superiore alle 130 libbre (circa 70 kg)”. L’animale fu impagliato, portato a Versailles ed esposto come trofeo nei giardini Reali. L’archibugiere ricevette in premio un brevetto che lo autorizzava ad aggiungere al suo stemma un lupo morente.

Le morti continuano

la misteriosa belva feroce esposta a Versailles
L’esposizione della bestia a Versailles

Dopo l’abbattimento del grosso lupo, nei mesi successivi avvennero sporadici attacchi ai pastori e alle loro greggi. Questi tuttavia sembrarono opera di lupi comuni i quali popolavano le foreste. Dal gennaio 1766, però, gli episodi diventarono sempre più frequenti, assomigliando sempre di più agli attacchi della bestia.

Luigi XV fu informato della cosa, ma non se ne interessò. “La bestia è morta”, avrà pensato, vedendola impagliata. Oppure si stufò di sentir parlare di quella storia. Fatto sta che i signorotti del Gévaudan ben presto si resero conto che nessun aiuto sarebbe arrivato loro da Corte, così si rassegnarono. Oltretutto il modus operandi del presunto mostro sembrò cambiare, ovvero le distanze tra le zone degli attacchi furono minori di prima ma gli assalti dimostrarono una maggiore astuzia.

La caccia finale: la bestia non è morta

Gli attacchi continuarono per tutto il 1766, moltiplicandosi nella primavera del 1767. Il 18 giugno il marchese d’Apcher venne a sapere che proprio il giorno prima la bestia aveva ucciso Jeanne Bastide, una pastorella di diciannove anni. Stanco di quell’ennesima morte, il marchese organizzò nella zona dell’attacco una battuta di caccia in grande stile. Tra i volontari che lo accompagnarono c’era anche un certo Jean Chastel, taverniere locale e famoso cacciatore, che portò con sé il suo archibugio caricato a pallettoni.

Stele in onore di Jean Chastel, nel suo paese natale
Stele in onore di Jean Chastel, nel suo paese natale

Improvvisamente la bestia uscì dal bosco e si avventò proprio contro il taverniere Chastel, il quale fulminò la belva con un proiettile. Dopo averla uccisa la trasportò al castello di Besque, di proprietà del Marchese. Un medico locale praticò una specie di autopsia e un notaio certificò il rapporto. Sommariamente impagliata, la carcassa fu mandata a Parigi per essere esaminata dal famoso naturalista Buffon, ma per lo studioso lo strano animale altro non era che un semplicissimo lupo di dimensioni eccezionali.

Si dice che la carcassa, dopo l’esame di Buffon, sia stata inviata a Versailles, per essere visionata dal re, ma che quest’ultimo l’abbia fatta seppellire nel giardino per non incorrere in inevitabili giustificazioni. L’esposizione sarebbe stata l’ammissione di un suo errore, ammettendo che sia lui, sia il suo archibugiere Antoine, si sbagliarono. La leggenda vuole che le ossa della bestia si trovino ancora in qualche punto dell’immensa reggia, sotterrate. Fu realmente quel lupo a sbranare tutte quelle persone? Ci fu un altro animale? l’unica cosa certa è che da quel giorno gli attacchi diminuirono drasticamente.

Ma cos’era veramente la bestia del Gévaudan?

Secondo il rapporto stilato al castello di Besque, la belva feroce aveva un pelame corto e rossiccio e una coda con un ciuffo finale. Un corpo con le spalle più massicce dei fianchi, capace di spiccare enormi balzi, armato di enormi artigli, il quale addentava le sue vittime alla nuca emettendo una specie di ruggito. Lo studioso Karl-Hans Taake, autore di un libro sull’argomento, ritiene che si trattasse di un grande felino, probabilmente un leone non ancora adulto o di un ibrido tra quest’ultimo e un animale ignoto.

Non era raro che i nobili si procurassero a caro prezzo animali esotici per creare un “serraglio” da esibire agli ospiti. È quindi possibile che un leone, magari nato in Francia da due esemplari provenienti dall’Africa, fosse riuscito a scappare e a dileguarsi nei boschi. Sembra però strano che nessuno se ne sia mai accorto. E anche probabile che gli abitanti del Gévaudan con tutta probabilità non avessero mai visto un leone, nemmeno in effige, quindi scambiarlo per una bestia strana non sembra essere un’ipotesi assurda. Però è possibile che il marchese d’Apcher, il medico e il notaio incaricati dell’autopsia, compreso il naturalista Buffon non abbiano riconosciuto un leone?

Strane teorie per identificare la belva feroce

Ricostruzione di uno Ienodonte
Ricostruzione di uno Ienodonte

Altre teorie parlano di un lupo mannaro, una iena, addirittura di un animale preistorico chiamato Ienodonte — non si sa come abbia potuto sopravvivere per millenni senza che nessuno se ne sia accorto.

Ci sono anche ipotesi più strampalate. Ad esempio qualcuno parla di un gruppo di uomini, forse una setta di particolare sadismo, che si dedicava alla caccia all’uomo mascherandosi con pelli d’orso o di lupo.

Altri ipotizzano che la bestia potesse essere in realtà un uomo affetto da ipertricosi, scacciato da tutti, impazzito per l’isolamento infine diventato un reietto assetato di vendetta. Oppure un gruppo di soldati tornati dalla guerra dei Sette Anni i quali, dopo aver trovato le loro famiglie distrutte dalla fame e dalle malattie, si ridussero a vivere nascosti nelle campagne, ormai impazziti. Quello che è certo è che a distanza di due secoli il mistero della bestia del Gévaudan rimane ancora insoluto.

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